A cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, a poche centinaia di metri a monte della confluenza con il Fiume Piave, il Torrente Vajont fu sbarrato, per scopi idroelettrici, da una diga.
Tale impianto non entrò mai ufficialmente in funzione perché una gigantesca frana colmò parzialmente il serbatoio provocando delle terribili ondate: i paesi lungo il lago, Longarone ed altri abitati vennero rasi al suolo con un tragico bilancio di quasi 2.000 vittime.
La frana che la sera del 9 ottobre 1963 si staccò dalle pendici settentrionali del Monte Toc ha dimensioni gigantesche: un fronte superiore a due chilometri, una larghezza di almeno 500 metri ed una altezza di circa 250. Ha coinvolto un volume di oltre 270 milioni di m3 di rocce compatte. Tale massa, se venisse asportata utilizzando 100 camion, calerebbe di 1 mm al giorno, e a tali ritmi, per rimuoverla completamente sarebbero necessari 7 secoli.
La frana, oltre alle enormi dimensioni, si caratterizza per l’elevata velocità: alcuni studi ipotizzano che la grande massa abbia forse superato i 100 km/ora. L’intero movimento è avvenuto in meno di un minuto; parte del corpo di frana ha risalito il versante opposto, sbarrando la valle e modificandola in modo definitivo.
Al momento del disastro, l’altezza dell’acqua in prossimità della diga era pari a 240 m e il serbatoio conteneva poco più di un terzo dell’invaso totale. Il materiale franato ha repentinamente spostato l’acqua presente nella parte di serbatoio interessata dalla frana provocando gigantesche ondate. Una si è diretta verso monte, nella parte più interna del lago, distruggendo alcune frazioni del Comune di Erto e Casso situate lungo le rive del serbatoio. Un’altra ha risalito il versante opposto raggiungendo quasi l’abitato di Casso situato circa 300 metri sopra al livello del lago al momento della frana. Un’ultima ondata ha superato lo sbarramento artificiale; l’acqua si è incanalata nella stretta gola del Vajont acquistando velocità e si è riversata nella sottostante valle del Piave radendo al suolo il paese di Longarone ed alcuni villaggi vicini.
La diga a doppio arco, alta 265 metri (all’epoca la più alta del mondo nel suo genere), resistette all’inaudita forza distruttiva della frana e dell’onda.
La Valle del Vajont, con i paesi di Erto e Casso abbarbicati su ripidi pendii, appare ancora fortemente segnata dall’evento.
La frana del monte Toc è un Geosito di interesse sovranazionale e nel 2022 è stato inserito nella lista dei 100 Geositi più importanti al mondo.
Presso il Centro visite di Erto è possibile visitare la Mostra “La Catastrofe del Vajont, uno spazio della memoria”, vero e proprio centro documentativo che descrive tutte le fasi che hanno portato alla frana e al conseguente disastro.
Presso la Diga vi è un Ufficio informazioni.